La Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità compie 15 anni

Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità

Il 3 marzo 2009 veniva ratificata in Italia la Convenzione Onu sui diritti delle Persone con disabilità.
Un passo importante che ha cambiato il modo di occuparsi e di parlare di disabilità e che ha aperto la strada a un nuovo approccio culturale.

Con la Legge 3 marzo 2009, n. 18 il Parlamento ha autorizzato la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e del relativo protocollo opzionale sottoscritta dall’Italia il 30 marzo 2007.
La Convenzione, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, rappresenta un importante risultato raggiunto dalla comunità internazionale in quanto strumento internazionale vincolante per gli Stati Parti.
In questa nuova prospettiva la Convenzione si inserisce nel più ampio contesto della tutela e della promozione dei diritti umani, definito in sede internazionale fin dalla Dichiarazione Universale dei diritti umani del 1948 e consolidatosi nel corso dei decenni, confermando in favore delle persone con disabilità i principi fondamentali in tema di riconoscimento dei diritti, di pari opportunità e di non discriminazione.

Ma in che cosa consiste la “rivoluzione” della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità?

A partire dagli anni 90 si è messo in moto un filone di pensiero di cui la Convenzione Onu ha raccolto le fila, composto da diversi fattori:

  • un fattore di contesto, legato al modello utilizzato per definire la disabilità
  • un fattore linguistico, legato ai termini utilizzati per parlare di disabilità
  • un fattore giuridico e normativo

Il modello biopsicosociale: un nuovo modo di definire la disabilità

Nel 2001 viene pubblicata l’ICF, la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute dell’OMS, accettato da 191 paesi.
In questa classificazione si trova una nuova definizione della disabilità, che non è più concepita solo come conseguenza di una condizione patologica, ma viene definita come difficoltà nel funzionamento a livello fisico, personale o sociale, in uno o più dei domini principali di vita, che una persona con una condizione di salute prova nell’interazione con i fattori contestuali.
Questo comporta un cambio di prospettiva notevole sia dal punto di vista delle possibilità di intervento, che da un punto di vista politico: se nel primo caso si aveva a che fare con un modello medico, dove la disabilità veniva trattata a partire dalla patologia che la determinava, e quindi come un problema della singola persona che viveva quella particolare condizione sanitaria, ora la disabilità viene vista come qualcosa di dinamico, dove la relazione con l’ambiente circostante risulta la parte determinante: in questa ottica, anche nei casi in cui a livello clinico non si può intervenire, c’è modo di intervenire sull’ambiente per facilitare la partecipazione, andando a eliminare barriere, fisiche ma non solo, che possano limitare la libertà delle persone con disabilità.

IL DISCORSO SULLA DISABILITA’

Le parole hanno una duplice funzione: da un lato sono specchio della società, riflettono i cambiamenti della società stessa e provano a definirli e raccontarli; dall’altro, invece, possono essere anche modello della società, in quanto il discorso è anche un agire, una forma di azione fatta di e con le parole. Quindi le parole contribuiscono a crearla, quella realtà.
Di sicuro le parole si logorano, perché non esiste un “corretto” assoluto, esterno.
Le parole cambiano perché a volte, dopo un po’ di tempo, le espressioni che in origine sembravano più “corrette”, a forza di essere utilizzate diventano inadeguate.
In tema di disabilità questa evoluzione è chiara.
Nel corso degli anni è cambiato il modo di riferirsi alla disabilità: il punto di partenza sono stati i concetti di “Invalido” e “Handicappato” (al momento ancora presenti in alcuni testi chiave della nostra normativa); c’è stato poi un lungo momento di passaggio (ahimè ancora resistente in alcuni settori) in cui si è parlato di “Diversamente Abili”, fino ad approdare ai termini di “Disabile” e finalmente di Persona con Disabilità.
Ciascuno di questi termini meriterebbe riflessioni specifiche, ma è sicuramente evidente come, in questo cambio di parole, si rifletta (o si auspichi) anche un cambio di prospettiva, dove l’accento non si pone più sulla menomazione, ma sul concetto di persona, e dove la disabilità non è più ciò che definisce la persona, ma è solo una particolare condizione che quella persona vive.

LA CONVENZIONE ONU: NON DIRITTI DIFFERENTI, MA UN DIVERSO MODO DI LEGGERE I DIRITTI DI TUTTI

La convenzione Onu raccoglie e spinge in avanti entrambe queste sollecitazioni (e molte altre): ripropone, infatti, il modello biopsicosociale nel definire la disabilità, e parla di persone con disabilità, mettendo l’accento sulla particolare condizione che queste persone si trovano a vivere.
Questa stessa ottica è la chiave di lettura per leggere l’intera convenzione: non si tratta di una serie di diritti differenti rispetto a quelli di ogni altra persona, ma si tratta degli stessi diritti, che per essere attuati vanno letti con la lente della disabilità.
A tal proposito ci piace citare direttamente il testo della Convenzione Onu, che, già a partire dal preambolo, esprime con forza molti concetti che non hanno bisogno di ulteriori spiegazioni:

Gli Stati Parti alla presente Convenzione,
(a) Richiamando i principi proclamati nello Statuto delle Nazioni Unite che riconoscono la dignità ed il valore connaturati a tutti i membri della famiglia umana ed i diritti uguali e inalienabili come fondamento di libertà, giustizia e pace nel mondo,

(b) Riconoscendo che le Nazioni Unite, nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e nei Patti internazionali sui diritti umani, hanno proclamato e convenuto che ciascun individuo è titolare di tutti i diritti e delle libertà ivi indicate, senza alcuna distinzione,

(c) Riaffermando l’universalità, l’indivisibilità, l’interdipendenza e interrelazione di tutti i diritti umani e libertà fondamentali e la necessità di garantirne il pieno godimento da parte delle persone con disabilità senza discriminazioni, (…)

(e) Riconoscendo che la disabilità è un concetto in evoluzione e che la disabilità è il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri, (…)

(i) Riconoscendo inoltre la diversità delle persone con disabilità,

(k) Preoccupati per il fatto che, nonostante questi vari strumenti ed impegni, le persone con disabilità continuano a incontrare ostacoli nella loro partecipazione alla società come membri eguali della stessa, e ad essere oggetto di violazioni dei loro diritti umani in ogni parte del mondo (…)

Convengono quanto segue:
Articolo 1
Scopo
1. Scopo della presente Convenzione è promuovere, proteggere e garantire
il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità.

 

Sono passati 15 anni dal momento in cui l’Italia ha ratificato la Convenzione Onu: il lavoro che è stato fatto da allora è stato molto ma di strada da fare per permettere il radicamento di una nuova cultura dell’inclusione ce ne è ancora tanta.

Fondazione La Comune si sente chiamata in causa in prima persona in questo percorso e, senza lasciarci scoraggiare dalle fatiche che si incontrano nel percorrerlo, siamo molto fieri di poter dare il nostro contributo.

 

 

 

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